SABATO 13 DICEMBRE
Nella realtà senza tempo dell'icona natalizia è già presente tutto il mistero del Cristo. In essa, Gesù ha le sembianze di un adulto: è già l'uomo della croce. La culla dove è posto ha, del resto, la forma di un sepolcro.
Non solo, il bambino appare come un morto avvolto nelle fasce, quelle stesse che testimonieranno più tardi della resurrezione. Scendendo dal monte Tabor, dove erano apparsi Mosè ed Elia, i discepoli rivolgono a Gesù una domanda riguardante il ritorno del profeta salito in cielo su un carro di fuoco. Ancor oggi molte famiglie giudaiche nel banchetto pasquale lasciano un posto vuoto con una seggiola libera: sarà occupata da Elia che entrerà ad annunciare la venuta del Messia. Questi, infatti, dovrà giungere in una notte di Pasqua. Alla domanda dei discepoli Gesù risponde facendo capire che quell'evento si è già verificato, ma non nel modo di un’accoglienza, bensì in quello del rifiuto. Infatti, l'Elia atteso altro non è che Giovanni Battista, non riconosciuto nella sua missione di precursore, e perseguitato. La stessa sorte sarà destinata al Messia, che Gesù denomina Figlio dell'uomo, identificandosi in esso. L'Avvento assume, in queste parole, come già nell’icona natalizia, l’aspetto della Pasqua, e induce a riflettere che nessuna autentica liberazione, relativa a persone, gruppi e nazioni, avviene senza lotta e senza martiri, perché nessun potere oppressivo e nessun privilegio consolidato cede solo di fronte alla ragione, ma si difende anche schiacciando e uccidendo. Certo è che questa speranza che si tinge di sangue è benedetta dal Padre, avendo Egli fatto risorgere Gesù dai morti.
Fr. Luciano Santarelli, O.P.
San Marco (Firenze)
Riferimenti scritturistici: Sir 48, 1-4. 9-14; Mt 17, 10-13