DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Il povero che è in noi

briciole frate

Vi ammiro, voi cristiani, perché identificate Cristo con il povero e il povero con Cristo, e quando date del pane ad un povero sapete di darlo a Gesù.

Ciò che mi è più difficile comprendere è la difficoltà che avete di riconoscere Gesù nel povero che è in voi. Quando avete fame di guarigione o di affetto, perché non lo volete riconoscere? Quando vi scoprite nudi, quando vi scoprite stranieri a voi stessi, quando vi ritrovate in prigione e malati, perché non sapete vedere questa fragilità come la persona di Gesù in voi? Accettare se stessi sembra molto semplice, ma le cose semplici sono sempre più difficili... L'arte di essere semplici è la più elevata, così come accettare se stessi è l'essenza del problema morale e il nocciolo di un'intera visione del mondo... Ospitando un mendicante, perdonando chi mi ha offeso, arrivando perfino ad amare un mio nemico nel nome di Cristo, do prova senza alcun dubbio di grande virtù... quel che faccio al più piccolo dei miei fratello l'ho fatto a Cristo! Ma se io dovessi scoprire che il più piccolo di tutti, il più povero di tutti i mendicanti, il più sfacciato degli offensori, il nemico stesso è in me; che sono io stesso ad aver bisogno dell'elemosina della mia bontà, che io stesso sono il nemico d'amare, allora che cosa accadrebbe? Di solito assistiamo in questo caso al rovesciamento della verità cristiana. Allora scompaiono amore e pazienza, allora insultiamo il fratello che è in noi, allora ci condanniamo e ci adiriamo contro noi stessi, ci nascondiamo agli occhi del mondo e neghiamo di aver mai conosciuto quel miserabile che è in noi. E se fosse stato Dio stesso a presentarsi a noi sotto quella forma spregevole lo avremmo rinnegato mille volte prima del canto del gallo.

Carl Jung

Jung era convinto che i mezzi che offre la Chiesa cattolica, la confessione, la comunione, possano veramente guarire persino i casi più gravi, a condizione che il rituale esprima la condizione psicologica del paziente, perché l’uomo ha un disperato bisogno di una vita simbolica. «Dove viviamo simbolicamente? In nessun luogo, se non quando partecipiamo al rituale della vita.» «Nel rituale si è vicini a Dio, persino divini.» Al di fuori dei riti e dalla simbologia del culto, tutto diventa insignificante, nella sua normalità ed è per questo che la gente diventa nevrotica. «Manca un’esistenza simbolica in cui possa essere qualcosa di diverso, in cui compio il mio ruolo, il mio ruolo come attore del dramma divino della vita.» ( Renato Corpaci) Forse questo era quello che Jung pensava di Silone, uno dei suoi sei pazienti cattolici. Nonostante conducesse una vita avventurosa, immerso nella corrente della Storia, aveva rinunciato ad avere una vita simbolica.

 

(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)

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