DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Come accogliere la testimonianza e l'invito di Giovanni il Battista

Prima di lasciare il posto all'evangelista Matteo, che ci accompagnerà nel corso di quest’anno, nella seconda domenica del tempo Ordinario la liturgia ci propone ancora la figura di Giovanni Battista non più nel ruolo di profeta che invitava a preparare la via al messia – come nel tempo di Avvento - ma come primo testimone, prima persona capace di contemplare in un uomo inviato da Dio la presenza dello Spirito Santo e di confessarlo come "Figlio di Dio". Veramente il suo è uno sguardo semplice e profondo allo stesso tempo sulla realtà di Cristo. Come vero amico dello sposo, ci invita a rinnovare quella scelta che ci rende discepoli: seguire Gesù.

"Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: ‘Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!’” (Gv 1,29). Giovanni usa un piccolo avverbio, “ecco”, che generalmente ha la funzione di richiamare l'attenzione su qualcuno o qualcosa che sopraggiunge, di indicare ciò che sta accadendo: è l'avverbio che si usa per affermare che quello che si attendeva ora si realizza, indica un desiderio che si compie. Giovanni, vedendo venire Gesù verso di lui, lo indica come l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo: ciò che Giovanni attendeva si realizza in Gesù e da amico dello sposo non teme di perdere il suo prestigio, non trattiene per sé la verità contemplata. La salvezza viene da Cristo, l’Agnello di Dio: un’immagine e un nome evocatore, in chi lo ascolta, di tutto il cammino di liberazione del popolo di Israele e della sua relazione con Dio. Sant’Agostino, nel commento al vangelo di Giovanni, dice a questo proposito: "Non ripongano gli uomini la loro speranza negli uomini".

Ricordiamo ancora il tratto umano di Giovanni, che leggevamo nel Vangelo all'inizio dell'Avvento: un uomo abituato ai disagi del deserto, forse un po' rude, ma profondamente libero interiormente e dotato di un forte senso della giustizia che invita con forza alla conversione, non temendo neppure di apostrofare scribi e farisei come “razza di vipere” (Mt 3,7); un uomo che custodisce nel cuore l'attesa di un Dio forte e giustiziere. Però quel tempo trascorso nel deserto dedicandosi all'ascolto profondo ed assiduo delle Scritture lo affina e lo rende atto a riconoscere la presenza, il passaggio di Dio in una forma certamente diversa da come immaginava. Questo passaggio, come già abbiamo contemplato nel Natale, avviene senza straordinarietà e con tutta umiltà: Dio entra in questo mondo in modo molto discreto, mite, senza clamori. "Io non lo conoscevo" (Gv 1,31.33) ammette Giovanni per ben due volte sottolineando che lo Spirito che ha visto discendere su Gesù nel battesimo gli ha rivelato la presenza di Dio in mezzo al suo popolo proprio nella persona di Gesù. Lo indica però non come colui che ha pronta la scure o il ventilabro ma come agnello sacrificale: l'agnello che prende su di sé il peccato perché il mondo non soccomba sotto il suo insopportabile peso. Il Dio-con-noi è venuto incontro al nostro bisogno di salvezza con estrema mitezza e Giovanni, dopo averlo visto, lo indica ai presenti come colui al quale si riferivano le profezie. I padri hanno visto nel simbolo della colomba, oltre che lo Spirito Santo, anche la sposa del Cantico dei Cantici: Gesù è lo sposo che viene incontro alla sua sposa – la Chiesa - per portarla nel suo regno.

Ancora Sant’ Agostino nel suo commento al Vangelo di Giovanni dice: "Impariamo anche noi ciò che Giovanni imparò per mezzo della colomba. La colomba, infatti, non è che abbia ammaestrato solo Giovanni, ma anche la Chiesa, della quale fu detto: Unica è la mia colomba (Cantico dei cantici). Che la colomba, dunque, ammaestri la colomba: è lui quello che battezza nello Spirito Santo ... battezzi pure Pietro, è Cristo che battezza; battezzi Paolo, è Cristo che battezza, è su questa potestà che si fonda l'unità della Chiesa che è simboleggiata nella colomba". Nel brano di Isaia leggiamo, inoltre, che il Servo sarà luce di salvezza per tutte le nazioni fino all'estremità della terra e Paolo, scrivendo ai Corinzi, si rivolge “a tutti coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, santi per chiamata” (1 Cor 1,2).

Iniziamo questo tempo ordinario accogliendo la testimonianza e l’invito di Giovanni Battista che incontra Gesù lungo la strada e ce lo indica come la vera “via” da seguire. Lo abbiamo contemplato nella sua nascita a Betlemme, nella sua vita di fanciullo e uomo a Nazareth con Giuseppe e Maria, in quella dimensione familiare e ordinaria di ogni essere umano nella quale ha imparato ad essere uomo: Cristo, l'Agnello di Dio, ha assunto concretamente la nostra vita umana.
Allora è fondamentale mettersi in ascolto della “colomba” perché, mentre egli sta con noi e diventa noi, anche noi possiamo imparare a diventare come lui: sta a noi imparare a conoscere i tratti del suo volto. É questa la santificazione a cui siamo tutti chiamati che ha inizio con il battesimo e si nutre con la vita di carità e con i sacramenti. “E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio” (Gv 1,34).

 Sr. M. Lucia Manfredi op

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