DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

La Narrazione di Dio

«Perché tu possa raccontare e fissare la memoria»1 è il riferimento che mette il tema della narrazione al centro del Messaggio di papa Francesco per la LIV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali.

Il Messaggio del Papa è presto riassunto: la narrazione è parte costituente dell'uomo, in essa si riconosce e si fa conoscere, contiene i valori che professiamo e il percorso compiuto per raggiungerli. Le cattive storie mirano a falsificare le narrazioni, a privarle di valore per sostituirle con desideri personali, con le storie del male, di peccato e falsità. La Scrittura, Storia delle storie, apre la memoria per ricordare, per riportare al cuore la narrazione di Dio, la Verità. Proclamare la Parola significa rendere attuale la Storia, perché si compia e si rinnovi. Per questo la narrazione di Dio è la comunicazione più importante.

La narrazione, termine che condivide il campo semantico con "predicazione", attira la mia attenzione. Vorrei svolgere tre riflessioni.

1. La narrazione vive ancora. L'avvento delle scienze, capaci di spiegare i fenomeni naturali ed umani, aveva spazzato via le interpretazioni magiche e religiose con il loro portato di senso e significato. Sessant'anni dopo, si attesterà la definitiva morte delle "grandi narrazioni" aprendo la porta alla frammentazione della Verità ed al disprezzo del pensiero forte, accusato di servire il potere e generare violenza.

Papa Francesco, al contrario, propone un pensiero forte "solidale e non violento" in cui l'uomo può riconoscersi. Non una teoria o una nostalgia dei "bei tempi passati" che si trasforma in resistenza al cambiamento, ma una narrazione nuova e aperta. Nel Messaggio si parla di tessuto e di telaio. Nel telaio, i fili verticali dell'ordito sono il fondamento su cui tessere la trama dei fili orizzontali per realizzare il disegno del tessuto. È bello che l'ordito sia verticale, axis mundi che collega Cielo e Terra, la Croce che ci ha conquistato la possibilità di ritornare al Padre. Solo intrecciando Cristo con le nostre storie appare il disegno, la personale trama della vita. Raccontarsi le proprie storie è svelare Dio nella vita, è comprendere il tessuto dell'esistenza, scoprire risposte di senso.

Una responsabilità enorme: ogni filo della trama è un passo in avanti nel tempo, nella storia. Siamo pronti al nuovo? Paolo, prima di parlare nell'Areopago, andò in giro per Atene2 volendo conoscere la cultura che avrebbe affrontato. Oggi, nell'era digitale, molti piani pastorali ed apostolici falliscono perché non sappiamo raccontare Cristo ai contemporanei, non comprendiamo il loro linguaggio, le loro idee. Chi può dire di essersi preparato per affrontare l'era digitale? Non è sufficiente essere testimoni: occorre essere anche narratori.

2. «Parlava con Dio o di Dio». Così è tramandata l'azione narrativa di S. Domenico: intento a parlare con Dio (contemplari) o di Dio (contemplata aliis tradere). L'azione di Domenico verso gli uomini trova alimento nella relazione profonda con Dio. È un equilibrio difficile fra contemplazione ed apostolato3, due sensibilità che possono vivere divise oppure influenzarsi a vicenda.

È la dinamica Scrittura / Parola che si ripete: la Scrittura “contiene” la Parola di Dio ed è Parola di Dio, perché ispirata4. edoardo mattei   Edoardo Mattei, laico domenicanoPossiamo predicare la Scrittura e dare vita ad eruditi incontri di teologia biblica oppure essere pervasi dallo Spirito Santo e predicare la Parola di Dio. Lo Spirito dà vita alla Scrittura, diventa Parola e la sua forza creatrice realizza quello che proclama. Il Salmo 40 parla di questo aspetto: «sacrificio ed olocausto non gradisci; gli orecchi mi hai aperto, non hai chiesto olocausto né sacrifici per il peccato». Israele, nella cattività babilonese, senza il Tempio dove offrire olocausti e sacrifici in espiazione, si domanda come rimanere puro e la risposta è «gli orecchi mi hai aperto». Si potrebbe pensare all'ascolto, ma può essere anche un riferimento al buco fatto nei lobi per inserire l'orecchino segno di schiavitù. Si spiegherebbe perché viene citata una traduzione differente in Ebrei 10, 5, «un corpo invece mi hai preparato», volendo intendere che Cristo ha realizzato questa espiazione, ubbidiente in tutto fino alla morte ('schiavo' nel senso di 'fare la volontà di qualcun altro'5). Grazie allo Spirito che agisce, la Scrittura diventa Parola e "cerca" un corpo in cui realizzarsi. Solo così la narrazione diventa kerygmatica e muove a conversione6.

La narrazione è legata alla memoria. Ancora oggi il Seder7 di Pasqua prevede il racconto al presente dell'uscita dall'Egitto ed i cristiani celebrano ogni giorno il passaggio dalla morte alla vita nell'Eucaristia, Pasqua quotidiana. Se l'Eucaristia dà la vita, come non parteciparvi? Se non ci si alimenta alla vita eterna, di quali contenuti si riempie la predicazione? La narrazione di Dio è il racconto del nostro rapporto con Lui, degli eventi occorsi, del farsi «corpo» e strumento della Parola ma se non c'è rapporto, se non ci sono eventi, se non ci si fa «corpo» cosa rimane se non noi stessi?

3. Storytelling. Il Papa cita lo storytelling. È una di quelle parole che si sono arricchite di significato con il passare del tempo. Genericamente, possiamo intenderlo come un metodo (marketing) per raccontare8. Sembra una cosa brutta, pensata appositamente per ingannare. L'arte di comunicare di Cicerone (il nonno del storytelling), benché sia anch'esso un manuale per conquistare il consenso dell'uditorio, non ci intimorisce. Qual è la differenza? Conosciamo l'oratoria ma non lo storytelling.

Siamo entrati in una nuova era. Abbandoniamo progressivamente i vecchi schemi, i modelli consolidati da più di mille anni di utilizzo, ma siamo ostacolati dalla resistenza al cambiamento. Pensiamo ai documenti cartacei, ai libri, alle penne, ai dischi… tutto si sta frantumando. Non capiamo che le venti persone sulla metro, con il naso nello smartphone, stanno leggendo giornali, libri, lettere, Se avessero in mano dei fogli di carta sarebbe più normale, più intuitivo, uno spettacolo riconoscibile dai nostri schemi concettuali.

Questo è il cambio culturale cui siamo chiamati per non fare apparire la nostra narrazione una prosa invecchiata. La narrazione è principalmente trasmettere il senso di un evento, le implicazioni del mistero pasquale contenuto nel racconto della passione, morte e risurrezione di Cristo. Questo non può diventare un "classico" della letteratura religiosa – come vorrebbe certa cultura laicista e secolarizzata – ma deve essere resa attuale, moderna, carica delle risposte alle domande non soddisfatte. Digitale non significa social network, ma è la cultura dove gli algoritmi sostituiscono le narrazioni antiche: l'uomo ha mostrato i suoi limiti, ora è la volta di robot, dell'Intelligenza artificiale. Gli algoritmi guidano le macchine meglio degli uomini, rispondono a tutte le domande e desideri - «Alexa,…» -, collaborano nei lavori, ci curano (TAC, risonanze magnetiche, eco-qualcosa…), i mille sensori e dispositivi ci rendono la vita migliore, Come funzionano? Non lo sappiamo, ma in fondo non ci interessa: funzionano e tanto basta! Come moderni dèi, intervengono nelle nostre esistenze e le migliorano in modo silenzioso, senza essere percepiti. Il futuro si riempie di speranza ed aspettative. È il reincanto tecnologico: il digitale da significato e la sofferenza diventa mancanza di accesso alle risorse del digitale dove tutto è disponibile per essere felici.

La vera sfida è narrare Cristo in questa cultura: un pensiero forte, latore di senso solido e scelte definitive. C'è un progresso dei tempi, non possiamo fermarlo, ma rimanendo fermi senza capire l'urgenza di cambiare linguaggio, si aumentano le incomprensioni. Per questo il fallimento è dietro l'angolo e lo sperimentiamo ogni volta che non comunichiamo, non instauriamo una relazione.

«Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in colui del quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che lo annunci?9». Qui si gioca tutto. Si potrebbe dire: «io ho annunciato, ma non hanno ascoltato». Hanno capito ciò che hanno ascoltato? Non è sufficiente annunciare, bisogna farsi capire, come insegna At 2, 6: «ciascuno li udiva parlare nella sua lingua». Gli Apostoli predicavano nelle lingue del mondo perché ognuno potesse ascoltare ed ascoltando convertirsi. Abbiamo bisogno di una formazione alla cultura digitale per essere cristiani nel digitale, un nuovo tipo di domenicano capace di sentire i bisogni dei tempi.

Papa Francesco ricorda che Dio ascoltò il grido degli Ebrei schiavi in Egitto (Es 2, 23-25). Qui c'è un curioso arbitrio del traduttore che, rispetto alla Torah che termina il verso 23 con «ed essi gridarono», aggiunge «a Dio». L'autore sacro vuole sottolineare che fu un grido disperato lanciato nel vuoto della vita, ma in quel vuoto Dio c'era, ascoltò quel grido e si ricordò del suo popolo (etimologicamente riportare nel cuore). Che cosa sarebbe successo se, per assurdo, dopo 430 anni10, Dio ed Ebrei non avessero parlato più la stessa lingua? Per questo motivo dobbiamo conoscere i nostri tempi.

Talvolta ci domandiamo: «Signore, perché non intervieni in questa situazione?». Dio potrebbe risponderci : «io ho l'ho fatto: ho mandato te!». Non possiamo scappare dalla nostra storia, ma possiamo vivere fino in fondo la nostra missione nel mondo, nella sua cultura, parlare la sua lingua e narrare di Dio a tutte le genti. «Signore, che ne sarà dei peccatori?»11. Caritas Christi urget nos12.

Edoardo Mattei,
laico domenicano

 

-------------------------------------------------------

1 Es 10. 2

2 At 17, 16.23

3 Evangelii Gaudium, 262

4 Dei Verbum, 24

5 Vedi Mt 26, 32; Lc 22, 42; Gv 5, 30; 9, 31

6 Evangelii Gaudium, 160-168

7 Il Seder lelé Pesah è il cerimoniale in uso per la cena di Pasqua. Dopo aver riempito la seconda coppa, inizia il racconto dell'uscita dall'Egitto.

8 Letteralmente storytelling significa narrazione, letteratura ma viene usato anche per affabulazione

9 Rm 10, 14

10 Vedi es, 12, 40

11 Nelle notti di veglia in chiesa davanti al Crocifisso, si poteva sentire S. Domenico pregare: « Signore, abbi pietà del tuo popolo: che ne sarà dei peccatori? E così passava le notti insonne, piangendo e gemendo per i peccati degli altri » (Dep. di Guglielmo II Peyronnet).

12 2 Cor 5, 14

Ed iniziò a mandarli a due a due per portare
e predicare al mondo la Parola di Dio
Scopri di più ...

Frati, Monache e Laici Domenicani...
parliamo con Dio e di Dio nel XXI secolo
Scopri di più ...

E se Dio ti avesse scelto? E se ti stesse chiamando ad essere un frate domenicano?
Scopri di più ...