DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

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San Domenico

Convento San Domenico

Piazza S. Domenico 5
09127 - Cagliari 
Tel: 070 66 28 37
Fax: 070 66 28 37

Attività particolari:

Centro Giovanile Domenicano di Selargius 
09047 - SELARGIUS (CA)
Tel.: 070 84 60 83
www.predicazione.it
Direzione Rosario Perpetuo in Sardegna
Tel: 070 65 42 98
C. C. P.  n. 15381098

I frati della comunità:
fr. Andrea Perrotti - Superiore
fr. Alberto Fazzini;
fr. Antonio Idda;
fr. Giancarlo Uccheddu; 
fr. Daniele Cara;
(fr. Giorgio Pittalis)

Se tu conoscessi il dono di Dio

“Se tu conoscessi il dono di Dio”.
Una frase che accende un desiderio: il desiderio che instilla nell’animo di una donna l’ascolto, il farsi condurre in quel terreno che attende di essere irrigato con ciò che può veramente colmare ogni sua sete, e anche il nostro cuore. Un cammino interiore che la Quaresima ci fa percorrere e che, oggi, ci fa incontrare una donna arida, e Gesù, assetato di poter dissetare.

Siamo al capitolo quarto del vangelo di Giovanni. Gesù lascia la Giudea e si dirige verso la Galilea, passando dalla Samaria. È interessante notare quel “doveva passare” (v. 4), come se la Samaria fosse per lui in quel momento un passaggio obbligatorio, ma non legato a particolari condizioni geografiche, bensì a qualcosa che doveva compiere. Giunge così a Sicar e si mette a sedere presso un pozzo, nell’ora più calda del giorno. Viene annotato infatti dall’evangelista che “era circa mezzogiorno” (v. 6). È questo il contesto in cui avviene l’incontro. Arriva una donna samaritana ad attingere acqua al pozzo e Gesù prende la parola, entra in dialogo con lei. Un incontro inaspettato per la donna ma pensato e voluto da sempre nel cuore del Padre: “doveva passare”.

Gesù si rivolge alla donna con quel “dammi da bere”, la interpella su un suo bisogno fondamentale. Si mostra come colui che ha bisogno di qualcosa, quindi in una posizione di inferiorità: Gesù opera un abbassamento per riuscire a entrare in contatto con quella creatura, con quella sua figlia dispersa che vuole riportare a casa. È quell’abbassamento per cui Cristo assunse la condizione di servo, divenendo simile a noi, per ricondurci a casa.
La reazione della donna denota stupore: un uomo che chiede da bere a una donna, un Giudeo che chiede da bere a una Samaritana! Penso allo sconcerto di questa donna, uscita nell’ora più calda forse proprio perché non voleva incontrare nessuno… e si ritrova a tu per tu con quest’uomo che le rivolge la parola. Ed è proprio in questa situazione che Gesù aggancia la donna: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (v. 10). Comincia da quel “se tu conoscessi” un dialogo più profondo, dove la donna inizialmente pensa solo all’acqua per dissetare la sua sete corporale, ma che la porta poi a un piano diverso, più profondo. Quando infatti la donna chiede dove possa trovare quest’acqua, Gesù cambia improvvisamente discorso, chiedendole di andare a chiamare suo marito. Ma perché Gesù fa questo? Certo non per umiliarla, ma per portarla a poco a poco a una conoscenza di sé, della sua storia, più profonda. Vuole portarla a riconoscere il dono che è in lei e che giace ancora arido, assopito. Nasce qui un incontro, una relazione profonda e autentica. Una donna che aveva avuto cinque mariti e quello con cui viveva ora non era marito. Una donna che in realtà è sola, non è stata mai di nessuno veramente. Ma chi è la samaritana per Gesù? È colei che ha detto il vero (v. 18). Non si nasconde questa donna, dice la verità, mostra la sua storia, una storia che è anche ferita.

Ha il coraggio della verità. Quante volte invece la verità nelle nostre relazioni viene infangata, calpestata, nascosta. Questa donna ci insegna a non aver paura di noi stessi e a non aver paura di aprirci a Cristo con tutto il nostro essere. Perché in questa relazione veniamo alla luce, viene alla luce la donna vera, quella che nessuno aveva ancora conosciuto veramente, la donna non promessa a nessuno perché era già stata di cinque mariti. Questa donna viene finalmente riconosciuta, perché lei stessa si riconosce nelle parole di Gesù, che la fanno incontrare con la sua verità profonda. Quella donna, secondo la tradizione, era straniera per Gesù, ma in realtà Lui non lo era. Lo “straniero” Gesù si rivela come Colui che la conosce fino in fondo e a cui può rivelarsi: “Sono io che parlo con te”. Da stranieri a “intimi”, attraverso un dialogo intessuto di verità profonda, in cui il cuore conosce il Suo unico vero Sposo, Colui che lo ha plasmato. Tanto più oso entrare in questa verità profonda, tanto più Lui mi conduce a tutta la verità. E succede l’impensabile. La donna che era andata quasi di nascosto ad attingere, lascia la brocca e torna in città, annunciando a tutti il suo incontro, quell’incontro che l’ha cambiata. Non sappiamo cosa successe poi a questa donna, a noi restano due immagini: la brocca lasciata e il suo annuncio. Segno che possiamo avere il coraggio di lasciare quello che non ci disseta, per rivolgerci a quello che è il vero dono di Dio in noi.

Fondiamo la nostra speranza in colui che solo può accompagnarci in questo cammino, come dice san Paolo: “La speranza poi non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5). Chiediamo il dono dello Spirito per volgere la nostra vita a ciò che è il vero bene, per venire alla luce, per lasciarci incontrare e germogliare come creature nuove, rinnovate dall’acqua viva.
Mi piace molto un dipinto conservato nella nostra sala espositiva, di Benedetto Veli, realizzato nel XVI secolo. Si tratta proprio dell’incontro tra Gesù e la samaritana.

L’artista dipinge Gesù seduto sul pozzo quasi a presentarsi subito come il passaggio dall’acqua “materiale” all’acqua viva. Inoltre l’essere seduto era prerogativa del maestro, infatti vediamo anche il dito indice della mano alzato. Il dito indice è il “dito della mano di Dio”, lo Spirito Santo. E il fatto che è alzato in quel modo è come se stesse, appunto, scrivendo, “lasciando un segno” nell’animo della samaritana. La donna è in piedi, ascolta. Ha ancora in mano la brocca, ma non la tiene stretta, sembra quasi la stia lasciando cadere. E ha il ventre rigonfio, quasi a sembrare incinta. Questo particolare mi ha sempre incuriosito e commosso e ho voluto leggerci due spiegazioni. Da un lato la stanchezza, l’essere stata di tanti uomini ma di nessuno, perché intimamente sola. Dall’altro l’essersi lasciata “fecondare” dall’acqua viva, l’averla accolta ed essere pronta per ridonarla. Leggiamo al capitolo 7 del vangelo di Giovanni che “Chi crede in me, come ha detto la Scrittura, fiumi d'acqua viva sgorgheranno dal suo seno” (Gv 7,38). Fiumi di acqua viva che questa donna non trattiene per sé ma ridona alla sua gente, alla sua città. L’atto di coraggio di una donna diventa causa di conversione per molti. Nulla è troppo piccolo se sappiamo mettere in gioco tutto di noi stessi. Lasciamo che il Signore plasmi il nostro cuore e ne faccia sgorgare fiumi di acqua viva.

 

sr M. Paola Diana op
Monastero domenicano "Santa Maria della Neve e San Domenico" - Pratovecchio (AR)

 

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