DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Festeggiamo oggi s. Antonino, nostro confratello nell’Ordine dei Predicatori, vissuto tra il 1389 e il 1459, divenuto vescovo di Firenze nel 1446. Per cosa si distinse Antonino? Possiamo farci aiutare in questa scoperta da due immagini, presenti nella nostra sala espositiva al monastero di Pratovecchio.

Nel primo dipinto, realizzato nella metà del XVI secolo, di scuola toscana, vediamo un ritratto del santo vescovo. Ciò che contraddistingue la sua figura è un atteggiamento molto umile nel volto e, oserei dire, contemplativo. Questi sono già due indizi che ci forniscono la sua fisionomia: fu pastore umile, dapprima nell’Ordine, dove si distinse per povertà e radicalità nel seguire la chiamata che il Signore gli donò, conquistandolo attraverso la parola di riforma del beato Dominici. Contemplativo perché, come dovrebbe essere per tutti i predicatori e predicatrici della Parola di vita, fece scaturire ogni sua parola dall’abbondanza della preghiera che è, in sintesi, il rapporto intimo con il Signore.

Antonino fu uomo sapiente perché sapeva coltivare questo rapporto personale con Gesù, da cui attingeva amore e sapienza e prudenza. Amore: infatti si preoccupò sempre dei poveri, anche della nobiltà decaduta, e anche da vescovo non cessò di aiutare, privando sé stesso del necessario. Sapienza: fu chiamato “Antonino dei consigli”, perché era contraddistinto da questo dono, a cui tutti quelli che lo desideravano potevano attingere, sottoponendogli ogni tipo di questione. Fu inoltre scrittore di grandi opere, come la Somma di teologia morale. Inoltre chiese al suo confratello pittore, fra Giovanni da Fiesole, il B. Angelico, di affrescare il nuovo convento di San Marco, dove volle questa arte povera che è appunto l’affresco, fatto con calce, sabbia e pigmenti naturali.

Un riflesso di quello che il Signore opera nei suoi figli: con la terra che siamo plasma dei capolavori, così come è stata la vita di Antonino. Antonino in questo dipinto è rivestito dell’abito dell’Ordine, cinto in capo dalla mitria che lo contraddistingue per il suo essere vescovo. La cosa particolare di questa opera ce lo svela l’iscrizione che troviamo nella parte sottostante: “Parte della vecchia cassa lignea nella quale fu trovato il corpo del Beato Padre nostro Antonino Archiepiscopo fiorentino”.

Quindi un’opera realizzata su una reliquia e che ancora oggi, con pochi tratti di pennello, ci mostra la grandezza dell’umiltà di un nostro grande confratello e pastore.
Pastore è un’altra parola che contraddistingue Antonino, e possiamo trarre spunto da un altro dipinto, Si tratta di una “Madonna con il Bambino, Sant’Antonino e Santa Caterina da Siena”, dipinto del XVI/XVII secolo, realizzato da un pittore toscano vicino a Jacopo Chimenti, dove vediamo Maria in Cielo, che appare tra delle nuvole, mostrando il Figlio ai due santi, inginocchiati in atteggiamento devoto e rappresentati con i loro attributi iconografici: la mitria vescovile, il pastorale, il pallio per il santo vescovo di Firenze e il giglio, la corona di spine e le stimmate per la santa senese. Interessante notare come s. Antonino non sia dipinto con la mitria sul capo e il pastorale in mano, ma entrambi siano appoggiati e indicati con una mano dal santo vescovo che, con l’altra mano, indica il cielo.

Come a riconoscere che ogni dono viene dall’alto e che tutto è a servizio di una chiamata che il Signore consegna e non ci appartiene. È invece rivestito del pallio, insegna riservata al papa e agli arcivescovi, realizzato con lana di pecora, e che rappresenta appunto la pecora portata sulle spalle. È l’immagine del pastore che, sull’esempio del Bel pastore, dona la sua vita per le sue pecore. Così ha fatto Antonino, ha donato la sua vita per ciascuno dei suoi figli, quei figli che il Signore gli ha donato, e continua a proteggerci con la sua preziosa intercessione.

sr. Paola Gobbo

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