DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Lettera del Capo Indiano Sealth

briciole frate

Il grande capo che sta a Washington ci manda a dire che egli desidera acquistare la nostra terra.

Come si può comprare o vendere il cielo - il calore della terra? La cosa ci sembra strana. Noi non siamo proprietari della purezza dell'aria, dello scintillio delle acque. Come si può comprare tutto questo da noi. Ogni angolo di questa terra è sacro per il mio popolo. Ogni lucente ago di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni bruma nei boschi oscuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nell'esperienza del mio popolo. Noi sappiamo che l'uomo bianco non capisce i nostri motivi. Una porzione di terra è eguale a qualsiasi altra per lui, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualsiasi cosa di cui abbia bisogno. La terra no è sua sorella, ma sua nemica, e quando l'ha acquistata, l'abbandona. Egli lascia la tomba di suo padre e il luogo dove i suoi figli sono nati viene dimenticato. Non ci sono posti quieti nella città dell'uomo bianco. Nessun posto dove sentire lo struscio delle foglie primaverili o il frusciare delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Ma che senso ha la vita se un uomo non può sentire il piacevole gridare del succiacapre o il gracidare della rana di notte attorno allo stagno? I bianchi pure passeranno - forse più presto di altre tribù. Continuate a contaminare il letto dove vivete e una notte, quando i bufali saranno stati tutti massacrati, i cavalli selvaggi tutti domati, i più segreti angoli della foresta saranno appesantiti dal lezzo di molti uomini, e i panorami delle fertili colline sfigurati dalle linee dei fili che portano parole, soffocherete nei vostri rifiuti. Dove sarà la selva? Sparita. Dove sarà l'aquila? Sparita. Che senso avrà dire addio al rondone e alle cacce se non la fine della vita e l'inizio della sopravvivenza?

Capo indiano Sealth della tribù Duwanish

La lettera, assai più lunga e particolareggiata, è di una semplicità disarmante e di una profondità infinita. Ha il sapore del racconto di un vecchio nonno fatto ad un giovanissimo nipote, con parole, che questi, possa agevolmente comprendere nonostante la tenera età.  Lo scritto risulta persino commovente nella descrizione amorevole delle cose che la natura concede e che, per costume di razza, diversamente vengono apprezzate.  E’ una testimonianza d’amore per ciò che ci circonda e di cui abbiamo pochissimo rispetto, forse per una disattenta formazione culturale. Per molti questa lettera è considerata l’antesignana testimonianza dei numerosi movimenti ecologisti: sicuramente lo è! Come è, sicuramente, anche la ragionata riflessione di chi constata la poca salvaguardia di ciò che dovremmo custodire e, gelosamente, mantenere.

 

(rubrica a cura di fr. Vincenzo Caprara, O.P.)

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