DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Con affetto perenne ti amo per l’eternità

Omelia pronunciata durante la veglia di Pasqua nella Basilica di S. Maria sopra Minerva

Ti ho nascosto per un poco il mio volto ma con affetto perenne ho avuto pietà di te, dice il tuo redentore, il Signore (Isaia 54,8)

Sin da quando Dio creò il cielo e la terra, il soffio di Dio, il suo affetto perenne per le sue creature, aleggiava sulle acque (prima lettura della Veglia). Questo stesso affetto perenne accompagnava Israele in fuga dall’Egitto, rivestendo la nube che separava il popolo di Dio dagli egiziani: affetto che diventava luce per i fuggitivi e tenebra per gli oppressori.

Affetto perenne che aprì le acque del mar Rosso come se stesse aprendo a questo popolo una porta per scappare dalla morte e rinascere in una vita e in una terra nuove (terza lettura). Con affetto perenne il Signore ha trattato i suoi figli come una sposa, come la sposa accolta in gioventù, come quell’amore che si incide nel cuore, che non lascia il posto ad altro. Sposa rivestita di giustizia e di pace, dopo essere stata raccolta dalla sconsolazione, dall’afflizione, dall’oppressione (quarta lettura). Lo stesso affetto perenne cercava di convincere la sua creatura a rifugiarsi tra le sue braccia, le braccia del suo Dio: vieni a me, impara dov’è la prudenza, dov’è la forza, dov’è l’intelligenza, per comprendere anche dov’è la longevità e la vita, dov’è la luce degli occhi e la pace (sesta lettura).

E le donne, la mattina della Domenica sembrano voler restituire un po’ di questo affetto perenne ricevuto durante la loro vita, respirato nell’accoglienza da parte di questo Gesù così attento nello scrutare i cuori, così delicato nel perdonare, così paziente nel correggere, ma anche così rivestito di autorità nell’annunciare il Regno di Dio. Sono rimaste sino alla fine, anche ai piedi della croce, vicino ad una mamma col cuore infranto dal dolore, ma non un cuore disperato, perché profondamente unto dall’unzione della consolazione di Dio. Le donne hanno sperimentato il sapore di questo affetto perenne e ora non rimane loro che potersi prendere cura con dolcezza di un Gesù morto. E’ come quando viene a mancare una persona cara, e col cuore confuso guardiamo quel corpo senza vita e ringraziamo quelle mani che ci hanno fatto del bene, quelle braccia che ci hanno abbracciato stretto e guidato, quella bocca che tanto ci ha consigliato o baciato, quella vita che si è fatta dono. E sembra non rimanerci che il ricordo di quell’affetto, che ad immagine di Dio si rifugia nel cuore come un affetto perenne, per il quale cresce il senso di gratitudine. Le donne vogliono onorare quel Gesù morto, come possono. gian matteo serrafr. Gian Matteo Serra, O.P. Sono coraggiose, o almeno sembrano, e qualcuno rotolerà via anche la pietra troppo pesante per loro, quella pietra che separa la morte dalla vita. Ma ancora una volta questo affetto perenne le aveva precedute e la pietra era già stata rotolata. Perché avete paura allora o donne? Non avevate forse già sperimentato tante volte nella vostra vita quest’amore sorprendente? “Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui”.

Ti ho nascosto per un poco il mio volto ma con affetto perenne ho avuto pietà di te perché io sono il tuo redentore.

L’affetto perenne che avete sperimentato nel vostro cuore, o donne, l’affetto perenne di Dio che sperimentiamo, non muore con la morte. La morte è vinta da questo affetto perenne. Questo affetto perenne del creatore vi rivela o donne che non solo siete state sempre amate, accompagnate, perdonate e guidate, ma che tutta questa linfa di vita che consola, non ha mai fine. Quella fonte di amore non si lascia trovare per poterlo ungere come un vinto dalla morte, ma si lascia trovare risorto, in Galilea, cioè a casa vostra “vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto”. Il Risorto riveste di eternità le nostre vite. Non siamo abbandonati: le nostre case, le nostre famiglie, i nostri cuori sono spesso visitati dalla croce, ma sempre abitati dal Risorto. Col Battesimo, ci dice san Paolo, il nostro uomo vecchio è crocifisso con Cristo, è morto con lui, ma soprattutto è risorto a vita nuova con Lui. E’ crocifisso quell’uomo che pensa che la sua patria sia solo qui sulla terra, e quindi vive spesso da predatore: deve cacciare e consumare la sua preda, deve essere vittorioso prima di morire, perché dopo la morte c’è il nulla. E’ crocifisso quell’uomo. E’ crocifisso quell’uomo che calpesta l’affetto perenne di Dio nella vita dei suoi fratelli. E’ crocifissa anche la disperazione. In questa notte santa, con Cristo risorgiamo nella vita nuova di chi trasforma il nostro lamento in danza ( Sal 30,12). L’affetto di Dio che ci accompagna da sempre e che a volte sperimentiamo con dolcezza e discrezione, la sua premura, il suo amore, dalla notte Santa di Pasqua è un affetto non solo perenne ma anche eterno perché ha la forza di srotolare la pietra della morte e aprire le porte dell’eternità. L’affetto perenne ed eterno di Cristo risorto è l’unica pace che consola tutte le nostre lotte. Ti ho nascosto per un poco il mio volto, ci dice il Redentore, ma da questa notte Santa ti risorgo con affetto perenne ed eterno.

fr. Gian Matteo Serra, O.P.
Convento di S. Maria sopra Minerva, Roma

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