DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

La Beata Vergine Maria, mensa intellettuale della fede, e la diaconia della verità

Alcune riflessioni su fede e ragione alla luce della Madre di Dio

San Giovanni Paolo II ha ricordato come tra i tanti appellativi con cui si è invocata nel corso della storia la Madre di Dio figura quello di «mensa intellettuale della fede» (cfr. Fides et ratio, n.108). Nelle Litanie domenicane peraltro noi siamo soliti invocare l’Immacolata con i titoli di fons verae sapiéntiae e lumen rectae sciéntiae, oltre a quello più comune di Sedes Sapientiae. Difatti che Maria Santissima sia Sedes Sapientiae, in senso speciale ed eminentissimo, e realissimo, in quanto Genitrice, Madre, del Verbo (Logòs) divino incarnato è immediatamente consequenziale.

E poiché il nostro sapere, limitato certo, è pur sempre partecipazione del Logòs eterno, diventa chiaro anche come la Creatura più eccelsa, il capolavoro della Santissima Trinità cum et sub la umana natura assunta dal Verbo, sia modello della nostra stessa attività conoscitiva ed intellettuale, dell’intellectus e dell’intellectus fidei in particolare. E quindi: della caritas veritatis, della diaconia della verità. Infatti attività conoscitiva significa scoperta, contemplazione e vita della verità: sapere e fare la verità. Inoltre essere Sede della Sapienza e mensa intellettuale della fede significa anche essere compendio delle divine verità, ovverosia di tutte le verità in qualche modo perché ogni verità proviene da Dio che essendo l’Essere per Sé sussistente è anche la Verità per essenza (cfr. San Tommaso d’Aquino, Iª q. 16 a. 5 co.: sequitur quod non solum in ipso sit veritas, sed quod ipse sit ipsa summa et prima veritas.).

Compendio delle verità divine! E’ questo un appellativo con cui viene salutata la Beata Vergine in uno dei più antichi e preziosi inni scritti in suo onore e in onore (non a caso!) della Annunciazione ossia della stessa Incarnazione del Verbo, che Maria come ricorda Sant’Agostino, «ha concepito prima nella mente e poi nel grembo». Questo inno è l’Akathistos:

Ave, Tu guida al superno consiglio;
Ave, Tu prova d'arcano mistero.
Ave, Tu il primo prodigio di Cristo;
Ave, compendio di sue verità.

Del resto lo stesso Concilio Vaticano II ( Lumen gentium, n.65) dice:

mario padovanofr. Mario Padovano, O.P.«Maria infatti, la quale, per la sua intima partecipazione alla storia della salvezza, riunisce per cosi dire e riverbera i massimi dati della fede, quando è fatta oggetto della predicazione e della venerazione chiama i credenti al Figlio suo, al suo sacrificio e all'amore del Padre»

Mensa intellettuale della fede, da parte sua, significa che in lei ci viene imbandito il pasto della dottrina di vita che è sempre Cristo Gesù:

«libro nel quale» - insegna Santa Caterina da Siena - «oggi viene scritta la nostra regola […], o Maria, dolcissimo amor mio, in te è scritto il Verbo, dal quale noi abbiamo la dottrina della vita, Tu sei la tavola, che ci porgi quella dottrina» (Santa Caterina da Siena, Orazione XI).

Noi siamo chiamati ad imitare la Vergine per imitare al massimo grado Cristo stesso. Eppure se la mariologia diventa qualcosa di anti-metafisico e la devozione mariana soltanto sentimentalismo, i nostri tentativi di imitarla saranno vanificati. La Vergine ci insegna che momento essenziale per l’atto di fede stesso è cercare comunque una certa intelligenza: innanzitutto delle ragioni della speranza. L’assenso di fede cattolica non è un assenso dato a caso; d’altro canto, al fine di parlare sensatamente di intelligenza della fede, non dobbiamo nemmeno affermare che ogni conoscenza di verità sia per forza una conoscenza per la quale basta la ragione naturale! La fede è sempre atto dell’intelletto e dono di Dio insieme! La fede è sempre accoglienza del Mistero, che in quanto tale non è còlto intrinsecamente dalla nostra intelligenza. Eppure la fede non è nulla di irrazionale: se non si può afferrare dall’interno del Mistero la sua stessa verità, si può nondimeno afferrarne la veridicità e la manifesta credibilità, in modo tale anzitutto da esclamare con l’Apostolo: «Scio cui credidi» (2 Tim. 1, 12): so a Chi ho prestato fede:

«La ragione umana» – dice Sant’Alfonso M. de’ Liguori in Verità della Fede- «dunque è quella, dice un dotto autore, che prende l'uomo quasi per mano, e l'introduce nel santuario della fede, e, fermandosi alla soglia, lo consegna alla scuola della religione; ella non parla più, ma solamente gli dice: udite ora le lezioni di una maestra più eccellente di me; da qui innanzi ascoltate lei sola, e non cercate più a me consiglio, acquietandovi a quanto essa vi dice. Sicché la ragione esamina, prima di credere, a chi debba credere; ma quando poi si è accertata del maestro a cui dee credere, crede, e più non esamina. La ragione altro non discute, se non le prove della veracità del rivelante e della verità della rivelazione; ma, appurate le prove, più non discute le cose rivelate, ma ella stessa esorta di credere a colui che le ha rivelate».

tommaso madonna max

D’altra parte, come il Verbo nell’Incarnazione non perse nulla della sua divinità, allo stesso modo i dogmi della fede non perdono nulla della loro trascendenza e sopra-razionalità, qualora, con la ragione, ne cerchiamo una qualche intelligenza: intelligo ut credas, credo ut intelligas, infatti.

Nel racconto evangelico dell’Annunciazione, la Beatissima Vergine più chiaramente si mostra proprio come l’esempio supremo per la stessa fides quaerens intellectum. Un grande dottore domenicano, il maestro di San Tommaso d’Aquino, ovvero Sant’Alberto Magno, non a caso proprio commentando l’Annunciazione, ricorda, rifacendosi a Sant’Agostino:

«Credere significa dare il consenso del proprio pensiero e aderire con devozione totale a ciò che si crede» (In Lucam, 1, 45, ed. Borgnet, t. 22, p. 121)

Qualcuno potrebbe obiettare che la fede è dono di Dio e ritenere che questo contraddica quanto scritto sopra. In realtà affermare che la fede è atto del pensiero non nega che essa sia dono di Dio, soltanto si spiega in cosa consista questo dono. E così, anche se non tutti sono chiamati ad essere maestri in Sacra Teologia, teologi e filosofi ex professo, tutti nondimeno devono accostarsi in maniera razionale alle verità rivelate, e proprio sapendo che esse trascendono ma non contraddicono le verità di ordine naturale (quelle che la ragione scopre naturalmente). E Dio non ci ha lasciato soli nemmeno per questo. Abbiamo la sua Chiesa, colonna e fondamento di verità, (Cf. 1 Tm 3,15).

E non è di fideismo ed emotivismo che vive la Santa Chiesa cattolica! Lo ha ricordato il Magistero sempre (ad esempio Gregorio Magno, Lettera a Pascasio, Concilio Vaticano I Dei Filius, San Pio X, Pascendi, Pio XII, Humani generis, San Giovanni Paolo II, Fides et ratio, ecc.). Nello stesso dialogo con l’arcangelo Gabriele la Madonna ha voluto di capire, ad esempio, cosa doveva fare, dato (e non negato) il Mistero dell’Incarnazione! Per questo Ella è la Regina e la Maestra degli stessi teologi e filosofi cristiani: per questo, sempre nella Fides et ratio, il papa ricordava la stessa necessità di philosophari in Maria. Maestra, allora, per la ragione che acconsente a credere al Mistero rivelato da Dio in virtù dei più svariati motivi di credibilità, ma che è chiamata anche a sviluppare il dogma, a sviluppare la fede! E ancora Serva del Signore, che pronuncia il suo Fiat, è modello per la stessa filosofia - e l’indagine scientifica in genere – anche in quanto ancilla theologiae:

«E come Maria,» - dice ancora la Fides et ratio (n.108) - «nell'assenso dato all'annuncio di Gabriele, nulla perse della sua vera umanità e libertà, così il pensiero filosofico, nell'accogliere l'interpellanza che gli viene dalla verità del Vangelo, nulla perde della sua autonomia, ma vede sospinta ogni sua ricerca alla più alta realizzazione».

maria ferrato max

La Vergine è, ancora, teologa e predicatrice: modello di contemplazione e modello di predicazione, di diaconia della verità, come nella Visitazione, con l’esempio e con le parole (del Magnificat), ma anche sotto la Croce. Qui, possiamo dire, Ella serve la Verità stando ai piedi di Cristo «via verità e vita» (Gv 14,6), proprio nel momento più tragico del rifiuto di Lui da parte degli uomini, quel momento drammatico in cui risuonava nel cosmo stesso ancora l’eco della domanda di Pilato: Quid est veritas? Del resto anche di San Domenico si racconta che aveva imparato ogni cosa dal libro della Croce. Ed è la Vergine, ancora, serva della verità, presente, quale Mater et Magistra, nel cenacolo a Pentecoste, dove lo Spirito Santo, Spirito di verità, si effuse sulla Chiesa nascente, sugli apostoli, inviati ad insegnare a tutte le genti (cfr. (Mt, 28, 19).

La Vergine ci insegna inoltre tutte le virtù, dunque anche quelle che la filosofia medesima chiama virtù dianoetiche (ossia le virtù intellettuali). Sul suo esempio dobbiamo rifuggire pertanto e dal razionalismo che vorrebbe presuntuosamente assorbire il Mistero in sé stesso come momento di un discorso esclusivamente di sola ratio, e il fideismo che tende ad annullare qualsiasi attività della ragione nei confronti della Divina Rivelazione, rendendo incomprensibile e inaccettabile non solo il Mistero ma l’atto di fede stesso nel Mistero in virtù di una inattuabile sola fides. La Vergine ci insegna ancora che la ragione a sua volta non nega nemmeno il valore delle nostre stesse passioni e sentimenti a riguardo della vita di fede e del progresso spirituale, ma al contrario riconoscendone la reale natura ne valorizza l’influsso. La Vergine infatti è stata salutata con un perentorio «Rallegrati!» (Lc 1,28) e si sa che l’uomo si rallegra anche con il corpo; la Vergine «angosciata» nella ricerca di Gesù (cfr. Lc2,41-51); la Vergine che soffre ai piedi della Croce. E tuttavia Ella nel momento della gioia, anche sensibile, dell’Annunciazione, e dell’angoscia, come durante la Passione, ha sempre custodito le cose di Dio «meditandole nel suo cuore». Dove il “cuore” non è simbolo solo della sfera degli appetiti sensibili (passioni, emozioni, sentimenti) ma del fondo stesso del nostro essere, da cui innanzitutto sgorgano l’intelligenza e la volontà (=appetito intellettuale). La Vergine Maria ci rammenta, così, anche che la retta ragione, in altri termini, nemmeno impedisce il fluire dei sentimenti, piuttosto ne determina il corso, appunto con il suo dominio, affinché anche per essi, in virtù della stessa grazia divina, portiamo frutto, come ingegnere che incanala sapientemente l’acqua di un grande fiume che potrebbe o straripare distruggendo i raccolti o servire per fertilizzare i campi affinché le piante vivano e producano i frutti sperati.

Alla Vergine dunque affidiamo l’inizio, il progresso e l’esito della nostra stessa diaconia della verità, senza mai dimenticare che Caritas congaudet autem veritati (1 Cor 13, 6): è la stessa carità che si compiace e presuppone la verità, che è il bene stesso del nostro intelletto (bonum virtutuum intellectualium consistit in hoc quod verum dicatur, ha insegnato San Tommaso d’Aquino. In III Sententiarum, Dist. 33, q.1, a.3)

fr. Mario Paolo Maria Padovano, O.P.
Convento S. Maria sopra Minerva, Roma

 

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