DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

«Egli è lo strumento che ho scelto per me»: da Saulo a Paolo, da Damasco al Risorto

“Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero: io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede”

Quasi alla fine della sua esperienza terrena, san Paolo ricorda con queste parole la grazia della sua vocazione. Il ricordo di quell’incontro sconvolgente sulla via per Damasco lo fa prorompere in un inno di lode e ringraziamento. La festa liturgica della Conversione di san Paolo (25 gennaio) invita il popolo di Dio a fissare lo sguardo su questo campione della fede, ma ancor di più a benedire il Signore per le meraviglie di grazia che opera, trasformando il cuore dell’uomo per mezzo della sua Misericordia.

L’importanza del ricordo della vocazione dell’Apostolo non è dovuta semplicemente all’importanza che tale evento ha rivestito per la diffusione del Vangelo in tutto il mondo e per l’opera apostolica del santo, ma perché il cammino compiuto da Paolo ed il suo incontro con il Risorto è paradigma di ogni vocazione e vita cristiana. Paolo, come molti di noi, segue i propri progetti, la propria vita, la propria idea di bene, che a volte diventa un vero e proprio idolo e che entra in conflitto con il vero Bene.

Ma ecco che Dio, proprio come ha fatto nel mistero dell’Incarnazione, fa irruzione nella nostra storia, e ci pone di fronte a noi stessi così come siamo, di fronte alla nostra nudità: “Saulo, Saulo”. Il Signore fa appello alla parte più intima di noi, entra in quel sacrario dove solo il Creatore può entrare. L’incontro con il Risorto ci disorienta, ci destabilizza, rimaniamo a terra avvolti da una luce che svela gli aspetti più intimi di noi stessi, che ci rende ciechi, perché tutto ciò che pensavamo essere incrollabile si sfalda a poco a poco. E poi sentiamo una voce, la Voce, che ci richiama, che ci riporta a riflettere sul senso del nostro agire, su ciò che realmente cerchiamo: «Perché mi perseguiti?» Ma l’incontro con il Cristo non lascia indifferente Saulo, sorge in lui la voglia di conoscere, di capire: “Chi sei Signore?”, ma il cammino comincia sempre dal riconoscimento del Signore Risorto (Kyrios è il titolo che Luca riserva al Cristo glorificato e risorto, è la prima professione di fede del cristiano).

Ed ecco che Colui che magari ignoravamo o pensavamo fosse un’idea, si rivela come Persona viva, Persona in relazione: “IO sono quel GESÙ che TU perseguiti”. Ma il Signore non viene incontro a noi per mostrarci soltanto la nostra miseria, la nostra condizione di peccatori, non vuole fare con noi il “maestrino”; il Cristo viene incontro a noi per rialzarci, per crearci nuovamente. «Ma tu alzati – ecco l’imperativo che il Risorto ci rivolge! – anche se sei peccatore, anche se mi perseguiti, ora ALZATI». Interessante notare che il verbo di questo passo è lo stesso utilizzato per la risurrezione del Signore (il verbo egheiro). L’ordine del Signore presuppone la nostra risposta, che è una risposta di fede: “ed egli si ALZÒ” oppure “ed egli RISORSE”. francesco narcisi     fr. Francesco Narcisi, O.P.Il Signore ci chiama a vita nuova, il Signore non chiama Saulo (e noi) ad un semplice cambiamento dei costumi o delle abitudini, ma ci riforma, fa di noi nuove creature; tutto il nostro essere è coinvolto nell’incontro e nel rapporto con Lui. Non si può incontrare il Signore e rimanere come prima. Alzatosi, però, non vedeva nulla! La conversione non è una magia; la conversione richiede tempo e cammino: un cammino che non si può percorrere da soli. Saulo si fa aiutare da coloro che lo accompagnavano, e solo dopo tre giorni di totale digiuno, riacquista la vista per mezzo della Chiesa, rappresentata da Anania.

I tre giorni richiamano al silenzio del sepolcro, alla conformazione a Cristo, alla morte dell’uomo vecchio per la risurrezione del nuovo: «Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.» (Rm 6,4). In fin dei conti il nostro cammino di “conversione continua” non ha altro scopo che la totale conformazione a Cristo, tanto che alla fine della sua missione terrena san Paolo scriverà: «Non sono più io che vivo: è Cristo che vive in me. La vita che ora vivo in questo mondo la vivo per la fede nel Figlio di Dio che mi ha amato e volle morire per me». (Gal 2,20) In ogni storia di vocazione cristiana, però, la vera unica sconvolgente novità è questa: «Per grazia di Dio però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana». (1Cor 15,10). Il Signore opera meraviglie nei miseri e adopera strumenti insufficienti per far sì che diventino «strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d'Israele» (At 9,15). Ecco perché in ogni vocazione si manifesta la gloria di Dio: perché vocazione coincide con Misericordia, e infatti il culmine della potenza di Dio si mostra nella misericordia e nel perdono. La vocazione di san Paolo, dunque, ci deve far riflettere sul nostro incontro col Signore, sulla nostra disponibilità all’invito del Maestro che ci ordina di “risorgere”, sul modo in cui corrispondiamo al suo amore misericordioso.

Potessimo anche noi, alla fine del nostro pellegrinaggio, ringraziare il Signore delle meraviglie di potenza e misericordia che Egli ha operato in noi, seppur deboli e infedeli servitori!

Fr. Francesco Pio M. Narcisi, O.P.

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