DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Il Canto della Bellezza

Con la sua vita cantò la gloria di Dio che egli portava come un tesoro nel profondo del suo cuore ed esprimeva nelle opere d’arte
(San Giovanni Paolo II, 18 febbraio, 1984)

In occasione della proclamazione del Beato Angelico come “Patrono degli Artisti” Giovanni Paolo II ha iniziato la sua omelia con un riconoscimento del Beato come “cantore della bellezza.” Il papa diceva: “In questo incontro liturgico desideriamo onorare un uomo a cui fu attribuito il nome di “Angelico”. E la sua vita - in profonda sintonia col soprannome datogli - fu uno straordinario “canto” a Dio: “un canto davanti agli angeli”.” 

Nel Libro dei Salmi ci siamo esortati di cantare al Signore. “Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra; splendore e maestà dinanzi a lui, potenza e bellezza nel suo santuario” (Salmo 95, 1.6). Nelle pitture del Beato Angelico, lo splendore, la maestà, la potenza e la bellezza sono i temi principali che si incontrano ed insieme compongono un canto nuovo al Signore.

La bellezza sorgeva nel silenzio del cuore del Beato Angelico e gliel’ha fatta nascere come un canto nuovo per mezzo di forme e movenze in colori e suoni che cantano lode a Dio. Il canto del Beato Angelico è proprio il canto della bellezza che è diventato un canto nuovo. “Cantate al Signore un canto nuovo” così anche Sant’Agostino nel suo commento sul trentaduesimo salmo, ci esorta a cantare. “Cantate a lui un canto nuovo, cantate a lui con arte” (Sal 32, 3). Secondo Agostino dobbiamo cantare a Dio, “ma non in modo stonato”. Anzi, dobbiamo cantare con arte cioè cantare nel giubilo. Sant’Agostino chiede: “Che cosa significa cantare nel giubilo?” e per lui cantare nel giubilo significa, “comprendere e non saper spiegare a parole ciò che si canta con cuore” (Dal “Commento sui Salmi” di Sant’Agostino, vescovo, Sal. 32). Quindi, dobbiamo cantare a Dio con arte nel giubilo e questo significa cantare un canto nuovo (Cantate et Iubilate Deo).

Un incontro con la bellezza ci tocca proprio al nostro cuore. Il cuore è la sede e il santuario del nostro essere umano, e perciò, quando il cuore viene toccato da un’esperienza di bellezza, bisogna farlo rispondere. La risposta più efficace che potrebbe sorgere dal cuore umano sarebbe un canto di ringraziamento, il canto della bellezza al Creatore della bellezza: “Cantate al Signore un canto nuovo.”

michael dunleavy2fr. Michael Dunleavy, O.P.La storica dell’arte Elsa Morante parlando dei colori stupendi nella pittura del Beato Angelico li vede come “inni di lode e celebrazione”. E come ella spiega: “I colori sono un regalo della luce, che si serve dei corpi (come la musica degli strumenti) per trasformare in epifania terrestre la sua festa invisibile. Le Incoronazioni, gli Altari, le Maestà sono gli inni del pittore in lode e celebrazione di quella festa.” Guardando i corpi sia quelli umani che quelli spirituali, nei “dipinti musicali” del Beato Angelico, la bellezza delle sue forme e l’armonia delle sue movenze si trasforma in un canto melodioso di lode e di giubilo. Beato Angelico ci aiuta a sentire le loro voci, e mentre guardiamo i beati danzando e cantando, possiamo entrare anche noi a cantare e ballare insieme con loro, perché, l’artista domenicano ci invita a partecipare alla “sacra rappresentazione”, esortandoci di cantare con arte in armonia con loro il suo canto preferito, cioè il “canto della bellezza.”

Seguendo l’esortazione di Sant’Agostino, il bBato Angelico cantava al Signore con arte, e l’artista cantore ripeteva le parole ed i sentimenti del salmista: “Effonde il mio cuore liete parole, il canto al re il mio poema; la mia lingua è stilo di scriba veloce” (Salmo 44, 2). Lo stile artistico del Beato Angelico oltre che pittorico e poetico, è anche melodico, e la musicalità del suo linguaggio artistico trasfigura i colori e le forme in suoni e canti, perché dal suo cuore effondeva le melodie che creavano una sinfonia armonica di divina bellezza.

Si legge sull’iscrizione tombale del Beato Angelico: “Non mihi sit laudi quod eram velut alter Apelles”, che significa che egli non voleva essere ne onorato ne lodato come una persona famosa, anzi, l’umile frate domenicano voleva solo stare sempre con Cristo a fare il lavoro di Cristo, cioè la predicazione della bellezza della fede cristiana. La sua frase preferita era: “Chi fa le cose di Cristo, con Cristo deve stare sempre” (Vasari). Credo che prima di andare ad incontrare Cristo faccia a faccia, fra Angelico abbia pregato, e la sua ultima preghiera potrebbe essere stata a forma di un canto di ringraziamento a Dio. L’artista cantore avrebbe cantato il suo elogio personale intonando le prime strofe del salmo 137:

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore:
hai ascoltato le parole della mia bocca.
A te voglio cantare davanti agli angeli,
mi prostro verso il tuo tempio santo.

Rendo grazie al tuo nome
per la tua fedeltà e la tua misericordia:
hai reso la tua promessa
più grande di ogni fama
.

fr. Michael Dunleavy, O.P.

Ed iniziò a mandarli a due a due per portare
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