DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

La divina volontà: accoglienza di un Dono

Accoglietevi gli uni gli altri come Cristo accolse voi per la gloria di Dio (Rm 15, 1-3)

Accogliersi! È l’invito insistente di Gesù alla sua Chiesa, che formiamo tutti noi. L’uomo di fede è l’uomo dell’ascolto dinamico, un ascoltare che si esprime nell’accoglienza, prima di tutto, del Dono di Dio, che è vita, intelligenza, salute, amore, fede, e in particolare, della Sua Divina Volontà. Ed è questo Dono che rende possibile il passaggio dal prendere in modo possessivo al donare per amore. Dunque, è dal senso di gratitudine, profondo e gioioso, nei riguardi di Dio, che nasce il senso dell’accoglienza nei riguardi del prossimo. Una gratitudine che non si riduce a un semplice scambio verbale devozionale per un dono reale ricevuto, ma si esprime donando quanto abbiamo ricevuto, affinché cresca e raggiunga il suo fine, cioè “dare gloria a Dio”, come invita l’Apostolo.

Ora, in che modo si rende gloria a Dio? Facendo della sua volontà il nostro impegno cristiano; cioè, cooperando con la Sua Grazia, alla salvezza dei fratelli.

Il cammino di fede passa attraverso tutte le esperienze che viviamo. Dio opera nelle vicende concrete e personali di ciascuno di noi e attraverso di esse. Ma qual è la volontà di Dio nei nostri riguardi e nei riguardi di tutta l’umanità? In alcuni momenti della storia della Salvezza è stato marcato con insistenza il comando del dover fare la volontà di Dio, secondo due estremi: da un lato, quello passivo, percepito come un qualcosa di imposto dall’esterno; dall’altro, quello legalistico, in cui il verbo "fare" è stato inteso come il mero assolvere a una serie di regole. In realtà, la Vergine di Nazareth è l’esempio umano di come intendere in senso proprio questo fare la volontà di Dio. Infatti Maria nell’Annunciazione, come poi Gesù nell’orto degli ulivi, non usano un verbo che parte dalla loro attività, ma che dice accoglienza: “Avvenga per me” (Lc.1,38), dice Maria di Nazareth, “Sia fatta la tua volontà” (Lc. 22,42), dice Gesù. Quindi viene cambiata la prospettiva; si passa dal dover ‘fare’, all'"accogliere la volontà di Dio, come Dono"1, direbbe Luisa Piccarreta, una mistica del fine Novecento, cioè uno scambio reciproco fatto con disponibilità e fiducia. Quanto bisogno c’è di questo tipo di accoglienza, con la "A" maiuscola! Vivere nella volontà di Dio.

anisoara tatarAnisoara Tatar,
laica domenicana
Accoglienza che non nega quelle esperienze di accoglienza che molte persone fanno a livello familiare, sociale ed ecclesiale. In effetti, prima si fa esperienza dell’accoglienza nel quotidiano e poi si diventa accoglienti. Riceviamo un dono, quando ci riconosciamo bisognosi. Essa, però, carica di nuovo significato i nostri rapporti interpersonali, altrimenti vissuti nell’ottica della filantropia o dell’esclusione. Quando una persona può dire “mi sento accolto”, ha detto tutto. Nella prospettiva cristiana avere il senso dell’accoglienza significa, appunto, avere gli stessi sentimenti di Gesù Cristo, cioè sentimenti di misericordia, di bontà, di fraternità, perché tutti figli nel Figlio.

Questo è il frutto di una vita cristiana concreta, che ha fatto della teoria una pratica vissuta, resa carne, che si esprime con i miei occhi, le mie mani, i miei piedi, il mio volto; in una parola, attraverso il calore umano. Ecco perché quando si è fatta l’esperienza di essere accolti si può essere accoglienti. Ma Cristo come accoglie ciascuno di noi? La Chiesa ci insegna che chi crede non è mai solo. Cristo ci accoglie nel contatto personale con Lui, attraverso il suo Spirito dentro di noi, attraverso i sacramenti vissuti nella comunità. Se tutto questo è vero per ciascuno di noi, allora l’accoglienza di coloro che fanno un pezzo di strada con noi è significativa ed indispensabile per la nostra vita di cristiani. Ma chi è colui che fa il tratto di strada con noi? Una preghiera liturgica ci invita con queste parole: "fa’ che amiamo non solo quelli della nostra comunità, famiglia, parrocchia …, ma anche gli altri”! Il paradosso è che tante volte è più facile accogliere l’altro, l’esterno, piuttosto che il nostro fratello più vicino.

In cosa consiste dunque l’ accoglienza? Sicuramente la via più immediata è un sorriso, una carezza, una buona parola, ma bisogna andare oltre, cioè vivere l’accoglienza reciproca nell’ottica delle beatitudini, che non è un “fare” legalistico, ma trovano il motivo e il fine nella volontà Divina: essa prima viene accolta, poi donata per la gloria di Dio. Allora siamo capaci di accogliere il peso dell’altro, memori delle parole dell'Apostolo “portate i pesi gli uni degli altri cosi adempirete la legge di Cristo”(Gal. 6, 2). E quale legge, se non quella dell’amore! L’Accoglienza, dunque, comporta fatica, generosità, pazienza, benevolenza: in una parola possiamo dire che è Carità vera.

Anisoara Tatar,
laica domenicana

 

1. IL SOLE DELLA MIA VOLONTÀ, Luisa Piccarreta, una laica domenica, vissuta tra il 1865 e 1907; una donna chiamata l“apostola della Divina Volontà”.

Ed iniziò a mandarli a due a due per portare
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