DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

La carità come amicizia in san Tommaso d’Aquino

Tra i molteplici tipi di amore umano che possiamo costatare, l’amore gratuito di benevolenza, “amare una persona per volere il suo bene”, è il punto di partenza dell’amicizia: “L’atto di amore tende sempre verso due cose: verso il bene che si vuole a qualcuno e verso la persona a cui si vuole il bene”. E questo vale anche nei confronti di se stessi: “Amare se stesso, significa volere un bene a se stesso. Si cerca quindi di unire a sé questo bene – per quanto è possibile” (1a, q. 20, a. 1, ad 3).

 All’interno di questo quadro di amore di benevolenza, gratuito ed elettivo, si situa la vera amicizia, che ha caratteristiche proprie e precise. Innanzitutto la reciprocità dell’amore tra gli amici. Essa si fonda su una similitudine o uguaglianza che gli amici riscontrano tra di loro e che crea un’attrazione reciproca degli affetti. La similitudine è alla base di ogni amore: esso è causato da un bene che comporta una certa connaturalità, o “compiacenza”, tra l’amante e il bene amato. E, tra gli amici, questa similitudine include le caratteristiche proprie di ciascuno di loro.

Ma la benevolenza e la reciprocità, fondate su una certa somiglianza, non bastano a definire e a determinare che cosa sia l’amicizia.

L’amicizia, infatti, appare come una forma di “societas” o gruppo; e alla base di ogni associarsi o raggrupparsi, c’è una o più ragioni. Tra gli esempi classici, che san Tommaso mutua da Aristotele, vi è l’amicizia “politica” o civile: essa è fondata sul bene della città, in vista del quale i cittadini si associano e operano in sintonia. All’interno di questa amicizia, poi, vi sono delle amicizie corporative o dei sottogruppi: l’amicizia “militare”, per esempio, che raggruppa coloro che si uniscono allo scopo di difendere il bene della città. Costatiamo quindi che ogni “associazione” di persone, o amicizia, comporta un qualche fondamento o ragione, in vista della quale ci si associa: un bene comune.

Lo spiega bene san Tommaso quando mostra che la carità che ci unisce a Dio è una forma di amicizia: “Anche l’amore di benevolenza” – che abbiamo visto essere un amore gratuito che vuole il bene dell’altro – “non basta a soddisfare la ragione di amicizia, ma serve che tale amore sia reciproco, poiché l’amico è amico per l’amico. E questa benevolenza reciproca è fondata su una certa comunicazione. E poiché esiste una certa comunicazione dell’uomo con Dio, in quanto Egli ci comunica la sua beatitudine, è opportuno che su questa comunicazione sia fondata una certa amicizia” (2a-2ae, q. 23, a. 1).

Si deve ben notare questo: è a partire dalla constatazione di una comunicazione o comunione dell’uomo con Dio, fondata da Lui stesso, che san Tommaso afferma l’esistenza di una amicizia tra i due: emerge così evidente l’importanza della comunicazione o comunione ad un bene comune come fondamento dell’amicizia.

Tra le persone umane, la ragione fondamentale dell’amicizia è dunque amare l’altro come un bene e volere il suo bene, e questo reciprocamente. Il bene, poi, che gli amici si vogliono reciprocamente, e che fonda la loro “vita in comune”, è innanzitutto il bene delle virtù, poiché ciò che caratterizza la vera amicizia è il bene delle virtù (2a-2ae, q. 27, a. 3).

adriano oliva     fr. Adriano Oliva, O.P.Ogni amicizia è fondata su una comunione di vita: niente, in effetti, è più proprio all’amicizia come il vivere assieme, dice Aristotele nel libro VIII dell’Etica.” (2a-2ae, q. 25, a. 3). Questa comunione che fonda l’amicizia è innanzitutto di ordine spirituale, una “intimità di vita” degli amici, “una comunione di parole, di pensieri e di sentimenti”, a cui corrisponde poi un vivere assieme, convivere.

Nel caso della carità, il bene che la fonda è la beatitudine di Dio stesso, che Egli ci comunica, e il nostro amore per lui è l’amore virtuoso che ama la beatitudine di Dio stesso. Così, la carità ci rende già ora, in una certa maniera, “beati”, guidandoci alla beatitudine della visione finale di Dio stesso.

A questo, che è il fine ultimo per l’uomo, egli non può essere condotto se non è unito a Dio, conformando la propria volontà a quella divina. E in questo consiste, propriamente, l’effetto della dilezione: infatti, il proprio degli amici è volere e rifiutare la medesima cosa; gioire e dolersi delle medesime cose” (CG III 151).

L’amicizia umana ha anche un carattere di stabilità (habitus) radicato nell’anima degli amici e in particolare nella sua parte affettiva, la volontà. Per questo la carità è una virtù. La volontà, poi, essendo una facoltà spirituale e quindi riflessiva, fa sì che l’amante, amando l’amico e il suo bene, ami nello stesso tempo se stesso: egli, nell’amico e nel bene che gli vuole, riconosce e ama il suo proprio bene.

L’amicizia dell’uomo con Dio – fondata da Dio stesso sul dono del bene della Sua beatitudine partecipato all’uomo – viene presentata da san Tommaso secondo le regole dell’amicizia tra persone virtuose, fondata sul bene della virtù. Tommaso ci indica così una via caritatis da vivere come una vera amicizia, che corrisponde alla natura intima della persona, la coinvolge tutta e la eleva a quella beatitudine che è lo scopo della vita stessa e il suo esito finale: la visione beata di Dio faccia a faccia.

A motivo della sua natura, e del suo essere ordinata al fine ultimo dell’uomo, la virtù teologale della carità perfeziona tutte le altre virtù, come principio, forma e fine dell’agire virtuoso della persona. Per questo la carità non è soltanto l’amore d’amicizia con cui Dio ci unisce a Sé e noi a Lui, ma il precetto della carità implica necessariamente l’amore del prossimo.

Il fondamento dell’amore del prossimo non è un’amicizia umana, che implica necessariamente una reciprocità: l’amore del prossimo è fondato nella carità stessa che Dio ci dona e che vuole donare a tutti. Infatti, amiamo il prossimo anche se il nostro amore non è corrisposto: “amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi perseguitano e calunniano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli … Siate dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro nei cieli” (Mt 5, 44-48).

Amiamo il prossimo nel movimento stesso di amore d’amicizia con cui rispondiamo all’amore di Dio per noi e Lo ri-amiamo. Vogliamo al prossimo il bene che Dio stesso gli vuole, affinché tutti viviamo come suoi figli e facciamo parte della sua famiglia, la Chiesa. Nell’amare il prossimo, ci conformiamo alla volontà divina e partecipiamo al dinamismo del suo amore: “siate figli del Padre”; “siate perfetti come il Padre”.

fr. Adriano Oliva, O.P.

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