DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

O uomo, o donna, vi restituisco la fiducia

Due sono le meravigliose notizie di questa IV domenica di Avvento: “Dio è con noi” (Mt 1,23) e tu sei amato personalmente da lui (cfr. Rm 1,7). Poco tempo fa, un amico mi ha confidato: “Ho bisogno di segni concreti, di aiuti visibili. Sono troppo abituato a lottare la mia vita, a conquistarla con le mie forze per pensare a un aiuto fuori da questa dimensione”. Ha detto una bella verità: ognuno di noi, infatti, ha bisogno di amare e di essere amato. E a volte cerchiamo segni tangibili dell’amore: segni che Lui c’è, che c’entra qualcosa con gli eventi quotidiani, con le fatiche comunitarie, con le sfide del lavoro, o con quelle richieste troppo impegnative che gli altri avanzano. Eppure “il Signore stesso vi darà un segno” (Is 7,14) del suo amore, della sua premura, della sua provvidenza.

Abbiamo bisogno di spalancare gli occhi per poter vedere. Di tenere aperte le palpebre e l’occhio dell’intelletto. Ma solo la pupilla della fede (cfr. S. Caterina da Siena, Dialogo della Divina Provvidenza XLV, 920-933) può aprire il cuore e la mente a uno sguardo più profondo e vero sulla realtà. Per andare oltre il visibile. Perché “l’essenziale è invisibile agli occhi” (Antoine de SaintExupéry). C’è un libro molto piacevole, che narra la vita di San Giuseppe, sposo di Maria. L’autore pone sulle labbra del giovane Giuseppe questa preghiera: “Sii tu benedetto, Signore eterno, Padrone dell’universo, perché mandi al tuo popolo il silenzio, affinché noi possiamo pensare a te e rispettare la tua volontà” (J. Dobraczyński, L’ombra del Padre). Lo scrittore polacco introduce, così, il personaggio, prima che l’irruzione di Dio nella sua vita ne sconvolga l’esistenza. Un’esperienza forte, quella di Giuseppe, che potremmo provare a percepire sulle note dell’“Allegro ma non troppo” di Tchaikovsky che ieri ascoltavo insieme alle mie sorelle (https://www.youtube.com/watch?v=wJ_ENuSxw68&t=86s): qui alla dolcezza, alla soavità e alla serenità della melodia subentra un improvviso, inaspettato ed estremamente intenso cambiamento di registro. Con l’ingenua fantasia di una profana nella musica, mi sono detta che nella vita di Giuseppe succede qualcosa di simile. Un’esperienza improvvisa che cambia il registro della sua quotidianità e che il giovane uomo non sa come interpretare: la sua sposa è incinta, ma non di lui! Giuseppe si fa pensoso. Considera le varie possibilità di azione.

Poi si addormenta e sogna un angelo. E come avvenne per Adamo, cui Dio estrasse, proprio durante il sonno, una costola dalla quale formò la donna, sua compagna di vita, così ora nel sonno di Giuseppe – letteralmente “l’uomo” di lei (Mt 1,19) - egli è ricondotto alla sua “donna” (Mt 1,20). Dalla donna, nella Genesi, l’uomo si era come separato, a causa del peccato. Ma ora, ecco la splendida notizia: Dio è con noi! Si chiama Emmanuele. Dio è di nuovo tra voi, o uomo e donna. E tutto questo è “opera dello Spirito Santo” (Mt 1,20), quello stesso Spirito che il Padre soffiò sul primo uomo, ora genera l’uomo nuovo, Gesù. O uomo, non temere di prendere con te la donna. Attraverso lei, infatti, avviene una nuova Genesi: “la nascita (in greco “ghénesis”) di Gesù Cristo” (Mt 1,18). La genesi della nostra nuova vita in Lui! In Lui è un nuovo principio, una nuova creazione. “O uomo, o donna, vi restituisco la fiducia reciproca”, sembra dire Dio, “e l’amicizia con me”. Nella prima creazione l’uomo fu tratto dal “grembo” della terra; ora l’uomo nuovo nasce dall’utero (cfr. Mt 1,23) di una donna. Dopo questa esperienza di Dio, dopo questa irruzione del Signore nella sua vita, Giuseppe “risorge” (si usa in 1 Mt 24 lo stesso verbo con cui Matteo designerà la resurrezione di Cristo in Mt 28,6). E con lui risorge l’umanità intera.

Mi resta solo di accorgermi di questa presenza divina, della sua provvidenza. Ci vuole qualcuno che mi apra gli occhi perché io possa prendere consapevolezza che non potrei fare proprio nulla se Lui non mi tenesse in vita, se Lui non mi facesse alzare ogni mattina, se Lui non illuminasse la mia mente e non si facesse conoscere in quei piccoli quotidiani segni di un amore che illumina e riscalda la mia esistenza. Allora anche io posso dire, con Giuseppe: “Sii tu benedetto, Signore…perché mandi al tuo popolo il silenzio, affinché noi possiamo pensare a te”. Abbiamo bisogno di quel silenzio che ci apra alla vista dei colori, della natura, delle persone. Quel silenzio che mi faccia accorgere che qualcuno mi parla. Che c’è qualcosa, che vedo e tocco, che mi è dato in dono. Quel silenzio che, solo, fa spazio all’altro, alla relazione, alla vita. A Dio. Quel silenzio che mi fa prendere consapevolezza di una presenza continua. Così vicina che non riesco neanche a vederla.

Leggendo la Parola di questa domenica, vi ho visto anche la descrizione della nostra vita domenicana. Che ci abitua, giorno per giorno, ad aprirci all’esperienza del “sogno”. Esso non è qualcosa di evanescente ma, nel linguaggio biblico, sta ad indicare l’esperienza di Lui, il suo rivelarsi nella mia vita. L’esperienza della preghiera, della lectio e dello studio domenicano sono come un imitare Giuseppe nel suo essere “pensante”. Come lui, consideriamo, riflettiamo, approfondiamo, cerchiamo ogni giorno Colui che è la Verità, scrutiamo la Sua Parola che è la sorgente del nostro vivere insieme. Come Giuseppe, eventi difficili da comprendere interrogano le nostre esistenze. Decisioni ardue, compiti importanti, novità inaspettate irrompono e ci interpellano. Come Giuseppe, ancora, talvolta entriamo in un “sogno” che, improvvisamente, illumina la nostra strada, e avvertiamo con chiarezza che la luce che riceviamo non è nostra, ma Sua. Un dono totalmente gratuito. Un’illuminazione dell’intelletto che è capace di trasformare improvvisamente le nostre giornate, i nostri pensieri, le nostre vite. È l’esperienza contemplativa.

Infine, chiamati a donare agli altri la luce ricevuta, noi domenicani siamo anche “angeli”: non certo nel senso di “esseri incorporei” ma, piuttosto, come dice la parola greca, nel senso di “annunciatori”. In questo passo del vangelo, l’angelo è il messaggero di Dio. Non è lui il protagonista eppure, senza di lui, Giuseppe non avrebbe potuto fare esperienza del Signore e conoscere la sua volontà. Abbiamo la responsabilità di vestirci di luce (cfr. Dialogo CIV,578-580; CLXVII,239-242) e di donare la Sua luce; la missione di accompagnare la gente nel riconoscere quel Dio che è già presente nelle loro vite. Quel Dio che ci ha donato l’esistenza che, da soli, non siamo in grado di allungare neanche di poco (cfr. Mt 6,27). Abbiamo il compito di condividere con le persone la nostra ricerca a volte entusiasmante, altre volte faticosa, di Colui nel quale abbiamo un giorno trovato il senso di tutta la nostra vita. Per fare questo, per essere predicatori e per dialogare con la gente condividendo le loro domande e la loro ricerca, non basta essere “pensanti”. È necessario aprirci all’esperienza del sogno. Della contemplazione. Essere immersi in Dio “come il pesce che sta nel mare e’l mare nel pesce” (Dialogo II,77-78).

Tutto questo è riassunto bene da San Paolo che, in questa domenica, sembra davvero descrivere il dono, il carisma, la vocazione e missione che Domenico ha ricevuto da Dio e ha trasmesso ai suoi figli: “Per mezzo di lui abbiamo ricevuto la grazia di essere apostoli, per suscitare l’obbedienza della fede in tutte le genti, a gloria del suo nome, e tra queste siete anche voi, chiamati da Gesù Cristo […], amati da Dio” (Rm 1,5.7). Ecco l’annuncio meraviglioso del Natale. Ecco la notizia splendida del vangelo per ogni uomo e ogni donna: “Tu sei amato da Dio!”. Egli non è venuto a liberarci dalle fatiche e dalle prove, ma a trasformarle in luogo di guarigione e di salvezza. Egli è la speranza nell’incertezza, la luce nel buio della storia: Gesù Cristo, l’Emmanuele, il Dio con noi!

Sr. Mirella Caterina Soro op

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