DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Destinati a partecipare della Risurrezione di Cristo

Nella Liturgia Eucaristica del giorno solenne di Pasqua, le tre letture ci introducono piano piano nel mistero della risurrezione del Signore. Negli Atti degli Apostoli Pietro ricorda ai suoi ascoltatori l’azione che lo Spirito Santo ha operato in Gesù e per mezzo di Gesù.

Pietro rende testimonianza del Messia che è passato fra la gente annunciando la buona novella, sanando ogni tipo di malattia, liberando dal demonio chi ne era posseduto e compiendo miracoli. Non ancora contento di ricordare i gesti compiuti da Gesù, ci tiene a testimoniare che il Signore risorto ha anche mangiato e bevuto con lui e con gli altri apostoli dopo la sua risurrezione e prima di ascendere al cielo. “Noi siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute nella regione dei Giudei e in Gerusalemme. Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato il terzo giorno” (At 10,34-41).Un discorso molto coraggioso col quale vuole spazzare via ogni ombra di dubbio sulla risurrezione di Cristo, ma che al tempo stesso diventa una forte accusa per coloro che l’hanno condannato e ucciso. Ammiriamo in Pietro il coraggio della verità pur intuendo che ne avrebbe pagato il prezzo.

S. Paolo, da parte sua invita i colossesi a chiudere con il passato, con la condotta di prima e a deporre l’abito vecchio, l’abito del lutto, per rivestirsi e indossare piuttosto l’abito nuovo della gioia. Bisogna morire al peccato e a tutto ciò che è contrario alla volontà di Dio, perché questo significa risuscitare in Cristo e riconoscere che per opera dello Spirito Santo diventiamo una cosa sola con lui. Paolo invita anche oggi, più che mai, ad elevare il nostro sguardo, il nostro pensiero al cielo, per non lasciarci soffocare dalle cose, dalla mondanità di questo mondo. “Voi infatti siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio” (Col 3,3). Siamo destinati a partecipare della risurrezione di Cristo e proprio grazie a questa partecipazione, siamo già sottratti a questo mondo, quello che Papa Francesco chiama ”vanità e idolatria”.

Nel Vangelo di Giovanni (Gv 20,1-9), Maria di Magdala ha un posto importante. E’ lei che rimase sotto la croce insieme a Maria la Madre di Gesù, ed è lei che il mattino di Pasqua, quando era ancora buio, vede per prima che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Quella che poteva significare chiusura, segno del tutto finito, ora significa una nuova apertura, una specie di mediazione fra la morte e la vita. Mi viene da ricordare un personaggio del film Gesù di Nazareth di Zeffirelli di nome Zera, al quale mette in bocca parole di sapienza: “Tutto comincia”. Non è vangelo ma sono parole che esprimono la verità di ciò che sta accadendo. Noi cristiani guardiamo ancora a quella pietra del sepolcro come a un luogo di angoscia, piuttosto che di apertura ad una nuova speranza. Maria “vede” il sepolcro aperto ma, ma non possiede ancora quella luce interiore che le fa capire che Gesù é risorto senza bisogno di aprire la tomba, perciò corre piangendo dai discepoli per dire che “hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno messo”. Quel “non sappiamo” ci dice che non era sola. Corrono anche i discepoli, insieme perché erano stati tra i primi ad amare il Maestro, ma Giovanni, il discepolo amato, corse più in fretta di Pietro e “vide” i teli posati là, ma non entrò” (Gv 20,6-7). Vide anche Pietro ma di Giovanni è detto che “vide e credette”. Chi ama crede.

Maria per il momento è ancora lì, vuole ipotizzare un luogo preciso ove trovare il Maestro, un luogo dove andare a piangerlo, ma dal proseguo del Vangelo di Giovanni sappiamo che quando sentì pronunciare il suo nome, ”voltatasi verso di lui gli disse: “Mio Maestro!”, e lo riconobbe risorto. (Gv 20,16).

Pasqua significa oltrepassare, saltare oltre, vuol dire rinnovamento. Il Mistero di Cristo è la massima espressione del suo amore in risposta alla nostra miseria. Dalle tenebre oscure esplode la luce della vita nuova. Allora noi, e con noi tutta la storia, posiamo incominciare di nuovo a sperare che il male, il peccato del mondo non avrà il sopravvento. Ebbene sì, possiamo avere difficoltà, paure e dolori, ma in tutti noi possano riecheggiare le parole che San Serafino di Sarov, monaco cristiano e mistico russo, rivolgeva a coloro andavano da lui: «Gioia mia, Cristo è risorto!». Che il Signore ci conceda di fare nostra questa parola di vita risorta.

 

sr. MariaPia Fragni op
Monastero domenicano
Pratovecchio Stia - Arezzo

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