DOMENICANI

Provincia Romana di S. Caterina da Siena

Quante volte dobbiamo perdonare?

Nella genesi, al cap. 4, troviamo un poema che rattrista un po’: Lamec, uno dei primi discendenti di Caino, dice: ho ucciso un uomo perché mi ha leggermente ferito, e un ragazzo per un mio livido, sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech, settantasette.

Per moderare la vendetta il levitico, al capitolo 24 introdurrà l’antica legge del taglione, derivante probabilmente dal codice di Hammurabi: «19Se uno farà una lesione al suo prossimo, si farà a lui come egli ha fatto all'altro: 20 frattura per frattura, occhio per occhio, dente per dente; gli si farà la stessa lesione che egli ha fatto all'altro».

Nei primi libri della Bibbia si inizia ad accennare al perdono, ma principalmente, se non esclusivamente, nei confronti di chi crede nel Dio di Israele. Lo straniero non merita questo trattamento.

San Pietro propone a Gesù di perdonare sette volte!

Mica poco. Non riusciamo a volte a perdonare una volta in una vita! Pensiamo ad un tradimento di un amico, per non parlare di quando in una famiglia si rompe la fiducia … altro che sette volte: tradito una volta: per me sei morto! Questa nella migliore delle ipotesi, perché a volte nasce una vera e propria storia di odio senza argine.

Gesù alza la mira: dovete perdonare sempre!

Pensiamo a come deve sentirsi chi in questi giorni ha subito violenze, o ha perso un figlio uccisi da motivi futili, chi si ritrova senza niente a causa della guerra …

Perdonate sempre! E’ mai possibile?

Ma cosa significa questo perdono? Che devo far finta di niente, che devo sentirmi in colpa se sento nel mio cuore salire la rabbia e la disperazione ogni volta che penso a quello che ho perso o che ho subito? Vuol dire che Gesù mi sta chiedendo di avere uno sguardo melenso che fa finta di non soffrire?

Non c’è nulla di più ridicolo!

E non è quello che ci chiede Gesù!

Il perdono è una lotta, spesso amara, con la nostra sofferenza e con le ferite che subiamo.

Il perdono è prima di tutto un dono per sé stessi, che libera il nostro cuore.

Il perdono è un travaglio dell’anima. Il primo passo del perdono è quello di lottare contro la tentazione di applicare la legge di Lamech. Tu mi hai fatto un torto, devi pagare per appagare tutta la mia rabbia molto più di quello che ho subito. Se non ci fossero conseguenze stritoleremmo le persone che ci hanno fatto del male, e a volte il dolore e la rabbia è così forte che c’è chi preferisce finire la sua vita in prigione purché riesca a farsi un po’ di giustizia da solo … e in un certo senso ci sembra di capirlo! Eppure “la vendetta non sazia mai veramente l’insoddisfazione delle vittime. Ci sono crimini così orrendi e crudeli, che far soffrire chi li ha commessi non serve per sentire che si è riparato il delitto; e nemmeno basterebbe uccidere il criminale, né si potrebbero trovare torture equiparabili a ciò che ha potuto soffrire la vittima. La vendetta non risolve nulla” (Enciclica Fratelli tutti 251)

Il secondo passo è accettare tutta la propria rabbia e chiedere aiuto a Dio per poterla vivere senza impazzire. Capita spesso durante le confessioni di tante buone persone che soffrono perché si sentono troppo ferite da un torto subito e non riescono a perdonare. Il seme del perdono è già seminato nel loro cuore. La sofferenza di non riuscire a perdonare è già inizio del perdono.

L’odio e l’indifferenza, l’ira e il rancore vissuti nella cinica freddezza non lasciano spazio al perdono. Ma il dolore per la propria ira e il proprio rancore è già inizio del perdono.

Il terzo passo è quello di desiderare la conversione di chi mi ha fatto un torto.

All’inizio è un desiderio interessato. Voglio che si converta, che riconosca il suo sbaglio perché possa chiedermi perdono, perché riconosca il male che mi ha fatto. Molto spesso questa conversione non arriva, e allora ecco che viviamo il nostro perdono imperfetto con frustrazione. Il perdono inizia a diventare liberante quando sento di avere a cuore la vita di chi mi ha fatto del male. Qui il perdono mi sta veramente abitando.

Ma è veramente possibile arrivare a questo stadio del perdono?

Il Vangelo, attraverso la parabola raccontata da Gesù ci risponde di si, è possibile, ed è possibile solamente se ricordiamo che se possiamo perdonare è perché siamo perdonati prima di tutto noi.

Nella nostra vita siamo dei grandi perdonati, continuamente da Dio.

Siamo forse buoni, ma non siamo santi.

La parabola che ci racconta Gesù mette in relazione un debito enorme, che in termini di soldi equivale a una cifra smisurata (1 talento sono circa 30 kg d’oro) ed è quello che Dio ha perdonato alla nostra umanità, con una cifra alta, circa un anno di lavoro, ma sempre inferiore del secondo debitore. E la parabola parla chiaro: io che ho perdonato all’umanità lo smisurato, ti chiedo il perdono fra voi fratelli! È un cammino.

Chiediamo a Dio la forza di poterlo intraprendere, perché se è vero che tale cammino è difficile, è altrettanto vero che Gesù non lo considera facoltativo. È il cuore di tutto il suo messaggio, è il cuore di tutta la nostra fede. Siamo stati perdonati dal sacrificio della sua croce e quindi immersi in un mare di misericordia e di perdono da ricevere e da donare.

 

P. Gian Matteo Serra op

Ed iniziò a mandarli a due a due per portare
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